Rapporto Invalsi 2023

Rapporto Invalsi 2023

Il Rapporto Invalsi 2023, presentato la mattina del 12 luglio presso la Camera dei Deputati, ha evidenziato una situazione preoccupante per la scuola italiana, che non è ancora riuscita a uscire completamente dall’impatto del Covid-19. I risultati delle prove condotte nel periodo marzo-maggio 2023 nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado mostrano una marcata gravità, con effetti negativi persistenti sulla qualità dell’apprendimento degli studenti.

Nel 2023, sono state coinvolte oltre 12.000 scuole e più di 2.700.000 studenti nelle prove Invalsi, con un costo complessivo di 4 milioni e 900mila euro. Il rapporto analizza i dati a livello nazionale, regionale e per cinque macro-aree geografiche. I livelli di competenza sono stati suddivisi in sei fasce, con le fasce 1 e 2 che indicano un non raggiungimento delle competenze richieste e le fasce 5 e 6 che rappresentano gli studenti con i risultati migliori.

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La scuola primaria 

Nella scuola primaria, le prove sono state somministrate in formato cartaceo per le classi seconde, mentre per le classi quinte sono state introdotte anche prove di competenza in lingua inglese (lettura e ascolto) in modalità telematica.

Per quanto riguarda la scuola primaria, i risultati delle prove di italiano e matematica mostrano una leggera flessione rispetto al 2022, ma un netto calo rispetto al 2021 e al 2019. In matematica, in particolare, le differenze territoriali sono significative, con un’incidenza maggiore di studenti con livelli di competenza bassi nelle regioni del Sud e nelle Isole. Queste differenze persistenti indicano uno svantaggio che si acuisce nel percorso scolastico.

Nella quinta primaria, le differenze territoriali nei risultati di matematica e inglese nel Sud e nelle Isole rimangono significative rispetto al resto del Paese. In generale, si osserva una tendenza al ribasso dei risultati in italiano e matematica rispetto al 2021 e al 2022. Per l’inglese, dopo un miglioramento nel 2022, i risultati tornano sostanzialmente agli stessi livelli del 2019 e del 2021.

La scuola secondaria di primo grado 

Nella scuola secondaria di primo grado, si registra una stabilizzazione dei risultati in italiano e matematica rispetto al calo evidenziato tra il 2019 e il 2021, ma non si osserva ancora un’inversione di tendenza. Tuttavia, i risultati di inglese mostrano un miglioramento, sebbene con divari territoriali significativi.

La scuola secondaria di secondo grado

Nella scuola secondaria di secondo grado, si osserva una contrazione degli esiti generalizzata nelle classi seconde. Le percentuali di studenti che raggiungono almeno il livello sufficiente di competenza sono leggermente diminuite rispetto al 2018, sia per l’italiano che per la matematica. Non sono previste prove per l’inglese in questo grado scolastico.

Anche al termine del secondo ciclo di istruzione, si registra una diminuzione significativa della percentuale di studenti che raggiungono i livelli più alti di competenza rispetto al 2019, con divari territoriali rilevanti. Inoltre, aumenta la percentuale di studenti in condizione di fragilità che non raggiungono i livelli richiesti.

In generale

I risultati complessivamente in calo rispetto agli anni precedenti alla pandemia evidenziano una preoccupante situazione per la scuola italiana. Le differenze territoriali e le diseguaglianze tra le scuole e le classi sono persistenti e destano ulteriori preoccupazioni. L’inclusione degli studenti con scarse competenze e la promozione dell’eccellenza a scuola richiedono strategie parallele per affrontare questa sfida.

Istruzione ed “effetto Long Covid”

Un articolo de “Il Corriere* scritto da Gianna Fregonara e Orsola Riva tratta proprio del rapporto tra la situazione attuale e l'”effetto Long Covid”. Gli effetti devastanti della pandemia da Covid-19 e della chiusura delle scuole per un periodo così lungo si riflettono pesantemente nei risultati delle prove Invalsi del 2023. Solo il 50% degli studenti riesce ad ottenere una preparazione sufficiente in italiano e matematica per conseguire il diploma di maturità, dopo tredici anni di studio.

Questa è la media nazionale, ma i dati regionali evidenziano una situazione ancor più drammatica nelle regioni del Sud, mentre nel Nord i risultati rimangono stabili con due studenti su tre che raggiungono l’obiettivo. Era ben noto che sarebbe stato necessario molto tempo per recuperare i ritardi accumulati durante la chiusura delle scuole, ma una volta riaperte, non sono state prese in considerazione misure specifiche per attenuare tali effetti e aiutare gli studenti più svantaggiati a colmare il divario. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

L’unico aspetto positivo della riapertura delle scuole riguarda la riduzione della dispersione scolastica implicita, ovvero degli studenti che arrivano alla fine del percorso con una preparazione inadeguata sia in italiano che in matematica. Questo fenomeno è in diminuzione, anche se non siamo ancora tornati ai livelli pre-pandemia. È importante sottolineare che, in generale, negli ultimi anni è diminuita anche la dispersione scolastica esplicita: secondo gli ultimi dati Eurostat pubblicati a giugno, la percentuale di giovani under 25 senza un diploma è passata dal 14,5% nel 2018 all’11,5% nel 2022. Sebbene siamo ancora sopra la media europea del 9,6%, la distanza si sta riducendo.

L’opinione degli esperti  

Tuttavia, il dato più allarmante e inaspettato riguarda le scuole elementari, in cui la preparazione dei bambini è peggiorata rispetto agli anni precedenti. Questo rappresenta un vincolo sul futuro, a meno che non si intervenga immediatamente per porvi rimedio. È un problema che coinvolge non solo la scuola, come ha sottolineato il direttore dell’Invalsi, Roberto Ricci, ma riguarda l’intero Paese, dalle famiglie ai politici. Ricci ha spiegato che gli interventi nel sistema scolastico richiedono anni prima di produrre risultati significativi, citando l’esempio della Corea del Sud, che ha impiegato 25 anni per uscire dalla sua condizione di arretratezza. Questo fatto riduce l’interesse politico nei confronti dell’istruzione. 

Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha annunciato che non possiamo più tollerare una divisione tra il Nord e il Sud dell’Italia e che si interverrà soprattutto nel campo della matematica e dell’inglese. Ha affermato che abbiamo il dovere morale di unire il sistema scolastico del nostro Paese per garantire a tutti le stesse opportunità di successo formativo e, di conseguenza, lavorativo. Già nella scuola primaria si può individuare una frattura che penalizza molti studenti italiani, e ciò è moralmente inaccettabile poiché la scuola primaria influenza i risultati futuri.

Il Rapporto Invalsi 2023 fornisce ulteriori approfondimenti e analisi su queste criticità, invitando a una riflessione sulla situazione del sistema scolastico italiano e sulle azioni necessarie per affrontare i problemi evidenziati.

di Jessica Mariani