Malessere tra i ragazzi a scuola: ascolto e trasparenza

Malessere tra i ragazzi a scuola: ascolto e trasparenza

Negli ultimi tempi, si è osservato un crescente numero di segnalazioni riguardanti il malessere tra i ragazzi nelle scuole. I social media sono stati la piattaforma su cui numerosi post hanno denunciato la fragilità degli alunni, a volte arrivando a situazioni di reale disagio, persino gravi. Questo fenomeno richiede un’attenzione particolare da parte di genitori ed educatori, che devono mettersi in ascolto senza nascondere le proprie debolezze.

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Lo psicologo a scuola

È stato suggerito l’intervento di psicologi, all’interno delle scuole come possibile soluzione, sottolineando la necessità di investimenti adeguati per affrontare queste problematiche. Tuttavia, è importante riconoscere che avere a disposizione unicamente la figura dello psicologo non è sufficiente, in quanto molti studenti non ne fanno uso. 

Il malessere adolescenziale 

Il malessere adolescenziale, sebbene sia un aspetto comune di questa fase della vita, sta assumendo connotati sempre più gravi. L’utilizzo massiccio dei social media e degli strumenti informatici ha contribuito a creare una distanza fisica tra le persone, rendendo i ragazzi più impacciati e insicuri nelle relazioni tra coetanei. Questo amplifica gli effetti negativi e le difficoltà tipiche dell’adolescenza stessa.

Uno degli ostacoli principali è rappresentato dalla percezione dei genitori come persone poco adatte con cui confrontarsi riguardo ai problemi e ai sentimenti dei ragazzi. In molti casi, gli amici non sono considerati sufficientemente affidabili. Questo porta a una mancanza di fiducia nell’affidarsi a qualcuno. Gli adulti, genitori ed educatori, tendono spesso a mostrarsi come figure sicure, vincenti e indistruttibili, evitando di mostrare debolezze o di avere dei punti di riferimento con cui confrontarsi in caso di necessità. Questo atteggiamento autoreferenziale rende difficile per i ragazzi aprirsi e chiedere aiuto.

Inoltre, c’è una totale incapacità da parte dei giovani di chiedere aiuto. L’ambiente in cui sono cresciuti pone grande enfasi sulla performance e sull’aspetto fisico, portando a una cultura in cui qualsiasi forma di debolezza o fragilità deve essere nascosta per evitare discriminazioni o scherno. Tuttavia, è importante comprendere che accettarsi per quello che si è, valorizzando i propri pregi non è sufficiente. È fondamentale anche imparare a chiedere aiuto quando si è in difficoltà altrimenti si rischia di soccombere da soli.

L’esempio degli adulti: genitori ed educatori 

Sebbene le scuole abbiano introdotto figure specializzate come gli psicologi, molti giovani evitano di rivolgersi a loro per paura di mostrarsi deboli. Ammettere di aver bisogno di aiuto potrebbe farli sentire emarginati o considerati perdenti e questa è una barriera da superare. È necessario che gli adulti si mostrino più onesti con i ragazzi e rispondano alle loro richieste con sincerità. Ascoltare e comprendere non è abbastanza. Per diventare punti di riferimento affidabili, è importante mostrare che anche gli adulti, quando si trovano in difficoltà, cercano aiuto e non sempre riescono a cavarsela da soli.

Il compito degli educatori è quello di esprimere con cautela le proprie opinioni in modo coerente e motivato. La speranza è che i ragazzi possano imparare a vedere anche il lato negativo delle situazioni e ad essere empatici, persino quando non concordano con gli altri.

Il ruolo della scuola 

Le scuole stanno adottando piani educativi trasversali per favorire la socializzazione, l’autonomia e l’espressione delle idee, nonché il rispetto reciproco. Sempre più spesso ci si imbatte in difficoltà di collaborazione tra gli studenti, che faticano a lavorare insieme in coppia o in piccoli gruppi. Allo stesso tempo, alcuni ragazzi si rifiutano di confrontarsi con gli altri perché non accettano alcun tipo di giudizio e si offendono facilmente.

La preoccupazione per il futuro dei ragazzi aumenta, specialmente quando si avvicina il momento del passaggio alle scuole superiori. Diviene pertanto fondamentale evitare un atteggiamento iperprotettivo. Gli educatori devono essere in grado di accompagnare e sostenere i giovani, esprimendo serenamente le proprie opinioni sia riguardo al loro percorso scolastico sia a livello di sviluppo personale. Allo stesso tempo, è importante lasciare spazio per la maturazione individuale e abbandonare supposizioni negative, in quanto non si può prevedere come i ragazzi reagiranno e quali risorse potranno sviluppare oltre a quelle già mostrate.

L’importanza del dialogo

Il crescente malessere tra i ragazzi nelle scuole richiede un’attenzione particolare da parte dei genitori ed educatori. L’obiettivo principale deve essere quello di creare uno spazio di dialogo aperto e sicuro in cui i ragazzi possano sentirsi accolti e capiti. La presenza di figure specializzate come gli psicologi all’interno delle scuole è un passo importante, ma è necessario andare oltre e incoraggiare i giovani a chiedere aiuto senza paura di essere giudicati. Solo attraverso un approccio empatico e una sincera condivisione delle proprie esperienze potremo sostenere al meglio i nostri ragazzi nel loro percorso di crescita.

Si segnala il libro “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere” di Daniela Lucangeli sulla tematica.

Le emozioni legate alla scuola

Tempo fa è stata istituita una commissione ministeriale per lo studio del livello di benessere e malessere nelle scuole italiane, alla quale l’autrice ha avuto modo di partecipare. Al fine di ottenere una panoramica, si è scelto di analizzare il benessere scolastico di un ampio numero di preadolescenti, somministrando loro e ai loro insegnanti dei questionari di rilevazione delle variabili psicologiche, finalizzate a indagare il burn-out, ovvero l’esaurimento dovuto a uno stress che comporta un logorio psicofisico ed emotivo. Sono stati utilizzati anche alcuni dati OCSE-PISA per valutare gli indicatori qualitativi relativi all’apprendimento, al benessere e al malessere.

L’obiettivo era ottenere una stima della sensazione di inadeguatezza e disagio sperimentata dagli studenti a scuola, identificando anche una soglia significativa, ovvero il punto di discriminazione tra un malessere risolvibile e uno così acuto da generare ansia, angoscia, preoccupazione, desiderio di fuga e la percezione che ciò che lo studente sta vivendo sia dannoso per lui.

Durante l’analisi dei dati, sono emerse numerose preoccupazioni. I risultati sono stati sorprendenti: il 27% del campione italiano degli studenti si sente “così così” (non “bene”); il 73% sta male, e all’interno di quest’ultimo gruppo, il 60% sperimenta un malessere costante. In altre parole, questi ragazzi non ricordano di essersi mai sentiti bene a scuola.

Una volta ottenuti i risultati che evidenziavano la presenza di malessere, si è iniziato ad approfondire le cause di questa situazione. È stata dedicata attenzione all’analisi degli indicatori qualitativi. Ad esempio è emerso che in modo significativo viene avvertito in maniera negativa il carico richiesto agli studenti ed è la prima volta che questo aspetto viene identificato nel contesto scolastico italiano. Si è rivelato un problema di inadeguatezza del carico cognitivo, sia per quanto riguarda la quantità che la qualità: i ragazzi sono sovraccaricati (in termini di quantità) di compiti e prestazioni (in termini di qualità). In altre parole, si chiede loro di memorizzare procedure e regole in grande quantità, invece di acquisire conoscenze che possano sviluppare competenze utili per il futuro.

Questo è solo uno dei fattori che contribuiscono al malessere, ma non è l’unico emerso. A livello emotivo, sono state rilevate traiettorie legate a uno stato di allerta costante. I ragazzi sono costantemente in uno stato di allerta dovuto a verifiche, giudizi, scadenze che si avvicinano e al fatto di non poter dedicare tempo a ciò che li appassiona.

Inoltre, tra gli elementi determinanti sono emerse due emozioni particolarmente disturbanti: la noia e il senso di colpa. Sono emozioni pesanti che accompagnano gran parte dei processi di apprendimento scolastico: quando uno studente non riesce, si sente colpevole o si annoia terribilmente, o entrambe le cose insieme.

Di fronte a tutto questo, ai ragazzi viene richiesto di imparare troppo, in poco tempo, senza passione, con l’ansia di dover dimostrare le proprie competenze, la frustrazione per i fallimenti, la sensazione di perdere tempo per cose più utili e piacevoli. Il cervello, un organo vivente che aggiorna costantemente i propri circuiti in base alle informazioni ricevute, è costretto a impegnare energie per qualcosa che non porta benessere, ma piuttosto un costante stato di allerta.

di Jessica Mariani